“Il comportamento di Israele nel bombardare Gaza è semplicemente un atto di aggressione senza ritegno da parte di uno Stato molto potente verso un territorio che occupa illegalmente. E’ giunto il momento di intervenire con fermezza se l’Onu non vuole essere giustamente accusato di complicità per omissione.Gli attacchi aerei israeliani sulla striscia di Gaza rappresentano gravi e smisurate violazioni del diritto umanitario internazionale, così come definito dalle convenzioni di Ginevra, sia per quanto riguarda gli obblighi di una potenza occupante sia per le disposizioni delle leggi di guerra”.
Lo afferma Miguel d’Escoto Brockmann, Presidente dell’Assemblea generale dell’Onu.
Dispiace scrivere queste cose …
ed e’ doveroso distinguere sempre.. tra quelle che sono azioni di Governo …
da i sentimenti della gente comune…
ma e’ la realta’..
gli israeliani si stanno comportando come i Nazisti di un tempo..
Fosse Ardeatine
Il 23 Marzo1944 ebbe luogo l’attacco contro l’11a compagnia del III
battaglione dell’SS Polizei Regiment Bozen in via Rasella, ad opera di
partigiani dei GAP Gruppi d’Azione Patriottica delle brigate Garibaldi, che
dipendevano ufficialmente dalla Giunta militare che era emanazione del
Comitato di Liberazione Nazionale.
L’attacco venne compiuto da 12 partigiani[2].
Fu utilizzata una bomba a miccia ad alto potenziale collocata in un
carrettino per la spazzatura urbana, confezionata con 18 chilogrammi di
esplosivo frammisto a spezzoni di ferro e dopo l’esplosione furono lanciate
alcune bombe a mano.
Vennero uccisi 32 militari dell’11 Compagnia del III Battaglione del Polizeiregiment Bozen[3]
e un altro soldato morì il giorno
successivo (altri nove sarebbero deceduti in seguito). L’esplosione uccise
anche due passanti italiani, Antonio Chiaretti ed il tredicenne Pietro
Zuccheretti[4].
La rappresaglia
Alla notizia dell’attentato, il generale Mältzer
comandante della piazza di Roma, accorso sul posto, parlò stravolto di una
rappresaglia molto grave e dello stesso parere fu inizialmente
Hitler.
Successivamente vari ragionamenti condussero a quantizzare la
rappresaglia,
e la decisione del comando nazista fu la conta di 10 ostaggi
fucilati per ogni tedesco ucciso.
La fucilazione di 10 ostaggi per ogni
tedesco ucciso fu ordinata personalmente da Adolf Hitler, dopo aver
vagheggiato apocalittiche proporzioni di 50 ad 1, la distruzione dell’intero
quartiere (che comprende il Quirinale) e la deportazione da Roma di 1000
uomini per ogni tedesco ucciso.
————————————————————————–
Ora guardate le cifre della prima e delle
successive giornate dell’operazione “Piombo fuso” :
390 morti palestinesi,di cui il 25% civili..contro 4 israeliani uccisi..
e
traetene le conseguenze..
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Vedo che la domanda è insistente nei media. Il via l’ha dato naturalmente Tzipi Livni: «Hamas non vuole la pace». E tutti a ripetere: perchè Hamas non vuole la pace? Basta così poco; invece, sono ostinati, questi terroristi…Per questo riposto qui il commento dell’ottimo amico Miguel Martinez, già postato da un lettore.
Questo articolo spiega perchè Hamas «non fa la pace». Rileggete quello che gli ebrei stanno facendo, in queste ore, non a Gaza, ma in Cisgiordania.In Cisgiordania c’è la «pace»; lì non governa Hamas, ma Abu Mazen e Fatah, che hanno fatto «pace» con Israele. Ebbene, ecco come gli israeliani intendono la pace:«… i soldati israeliani sono entrati in tutte le piccole isole della cosiddetta autonomia palestinese in Cisgiordania, dove hanno sequestrato autobus, bloccato centri commerciali e chiuso una scuola per ragazze e un’associazione che distribuisce cibo ai poveri. Hanno anche chiuso un centro medico a Nablus, impossessandosi dei computer, del denaro e dei mobili. Dice HaaretzLe istituzioni vicine a Hamas che sono state colpite finora comprendono scuole, centri medici, centri di beneficienza e persino mense popolari e orfanatrofi. Decine di associazioni sono state chiuse e il cibo sequestrato.Il cibo degli orfanotrofi sequestrato…».Ecco che cosa ci si guadagna a fare la «pace» con Sion. Si deve accettare, per la «pace», che SS (soldati sionisti) armati facciano irruzione quando vogliono loro in scuole, ospedali, centri medici e sociali, e rubino computers, denaro, mobili; che sequestrino il cibo delle mense e degli orfanatrofi.
E il mondo ha la faccia di chiamare questo Stato «l’autonomia palestinese».
Israele non ha mai voluto la «pace». Ha sempre mandato a monte tutti i tavoli, rigettato ogni compromesso, appena la «pace» concordata si profilava. Israele non riconosce nessuna «autorità» palestinese come controparte legittima: Hamas o Fatah, non fa differenza. Li tratta come bestie, e li vuole solo come servi tremanti; tiene tutti, quelli che hanno fatto «la pace» come quelli che non la fanno, sotto il suo tallone spietato.
Quello a cui mira è la pulizia etnica, l’epurazione razziale: sulla terra sacra, ci devono stare solo gli ebrei, tutti gli arabi devono essere respinti fuori.
Questa è la verità, il resto sono chiacchiere e fumo di propaganda.
Gaza: la strage di Hanukkah
di Miguel Martinez
Kelebek«Quello che stanno facendo a Gaza, la ciliegia rosso sangue sulla torta dopo due anni di embargo e bombardamenti, lo sapete tutti.Sabato scorso era una delle festività più sacre del calendario ebraico – lo Shabbat di Hanukkah. Per poter compiere la strage di Gaza, Ehud Barak ha dovuto chiedere una dispensa speciale dai rabbini. Non so perché sia stata scelta una data così particolare, per un attacco preparato da ben sei mesi, come rivela Haaretz. Lo stesso nome dell’operazione, ‘piombo fuso’, si riferisce ai dreidel o dadi con cui i bambini giocano a Hanukkah, e che il poeta sionista H.N. Bialik invitava a costruire usando il ‘piombo fuso’.La strage di Hanukkah è stata preparata da due gesti: la promessa di riaprire, in parte, il valico di Eretz, che doveva servire per ingannare i palestinesi; e un attacco contro 36 organizzazioni islamiche in Cisgiordania.Le organizzazioni colpite non erano militari, ma sociali: mentre gli uomini del regime golpista di Abu Mazen pensano a costruirsi ville con gli aiuti europei, Hamas in Cisgiordania continua a organizzare i servizi sociali, nonostante una raffica di arresti.
A seguire ‘Gaza’ di José Saramago.
Distruggere questa rete di servizi sociali serve sia a togliere consensi a Hamas, che a rendere ancora più miserabile la vita dei nativi palestinesi e promuoverne così l’emigrazione.
Così, i soldati israeliani sono entrati in tutte le piccole isole della cosiddetta autonomia palestinese in Cisgiordania, dove hanno sequestrato autobus, bloccato centri commerciali e chiuso una scuola per ragazze e un’associazione che distribuisce cibo ai poveri. Hanno anche chiuso un centro medico a Nablus, impossessandosi dei computer, del denaro e dei mobili. Dice Haaretz
‘Le istituzioni vicine a Hamas che sono state colpite finora comprendono scuole, centri medici, centri di beneficienza e persino mense popolari e orfanatrofi. Decine di associazioni sono state chiuse e il cibo sequestrato’.
Il cibo degli orfanotrofi sequestrato…
A volte, l’immensità di quello che stanno facendo ai nativi palestinesi si coglie meglio attraverso piccole cose come questa.
Non riesco a visualizzare un palazzo che viene giù, con i miei figli dentro.
‘I parenti cercano tra i cadaveri e i feriti, per seppellire presto i morti. Una madre i cui tre bambini sono stati uccisi, e che giacciono l’uno sopra l’altro, nell’obitorio, grida, urla di nuovo e poi tace’.Oppure il padre che deve portarsi a casa il cadavere del bambino di sette anni in una scatola di cartone, perché all’obitorio hanno finito le lenzuola…Ma riesco – appena – a immaginarmi cosa voglia dire vivere per tre anni sotto l’impatto del boom sonico: in ore sempre diverse, ma preferibilmente in piena notte, i jet israeliani che sorvolano Gaza simulano, superando il muro del suono, il rumore di tremende esplosioni – un rumore talmente forte da far abortire le donne o da far saltare le vene nel naso, rompere i vetri o far crollare tetti.Tre anni fa, per un errore tecnico, quello che è la vita quotidiana dei nativi palestinesi diventò per un unico attimo un incubo anche dei dominatori:
‘L’esercito fu costretto a chiedere scusa quando un boom sonico fu udito per centinaia di chilometri dentro Israele la scorsa settimana. Il quotidiano Maariv lo descrisse come ‘il suono di un pesante bombardamento. Il rumore che scosse i cieli israeliani è stato spaventoso. Migliaia di cittadini sono saltati fuori dai loro letti, colti dal panico, e molti di loro hanno telefonato preoccupati alla polizia e ai vigili del fuoco. Le centrali telefoniche di Tel Aviv e dei distretti centrali ricevettero tante chiamate che non riuscirono più a funzionare’.Il governo israeliano ha avuto la delicatezza di mandare il ministro degli Esteri al Cairo, la capitale dei suoi complici nell’embargo a Gaza, per avvisare Hosni Mubarak della prossima strage».
Rispondo qui anche ad un lettore, alessio …, 29 dicembre, 2008 19:54.«Salve, mi spiegate perchè gli altri Paesi arabi non aiutano Gaza? Non è possibile che sia solo la paura per la forza di Israele perchè ricordo che
la Libia aveva inviato ultimamente una nave di aiuti».Prima di tutto, certo, è per paura di Israele. Nessuno Stato islamico dispone nemmeno lontanamente della forza militare, del volume di fuoco, dei mezzi di Israele. Stiamo parlando della quinta potenza militare del mondo, affiancata in modo incondizionato alla superpotenza USA, con 200 testate nucleari e i missili di lungo raggio per lanciarle; e che arde dalla voglia di incenerire qualcuno dei suoi «nemici», per provare la sua «deterrenza»; che, inoltre, ha già dimostrato la sua spietatezza distruttiva.E’ strano come nessuno ricordi che solo due anni fa Israele ha devastato il Libano dalle fondamenta; come un anno fa
la Siria è stata bombardata. Ogni anno o due, Israele aggredisce qualche vicino, qualche gruppo comparativamente inerme, e poi lo accusa di non volere la pace.
L’Egitto, che in anni lontani provò ad opporsi militarmente a Israele, ha subito diverse sconfitte schiaccianti, vere e proprie stragi del suo povero esercito rappezzato e invecchiato.
La seconda risposta alla domanda di Alessio è: i regimi «arabi» sono in mano a cricche di miliardari corrotti, che badano anzitutto a perpetuare il potere della propria cricca, kabila, tribù. Sanno di non avere alcun seguito popolare, e non hanno alcuna voglia di mettere a rischio il loro regime, e l’«amicizia» degli americani (di cui sono satelliti), per un tentativo di difesa dei palestinesi che non sono loro cittadini o sudditi, sapendo che un tentativo del genere finirebbe con la rovina e la disfatta. Basta pensare ai monarchi sauditi e agli emiri del petrolio.
Per di più, i regimi che si dichiarano «religiosi», ipocriti, temono Hamas più degli ebrei; temono la diffusione di un islamismo non controllabile. Inoltre sono sunniti, e vedono con allarme la presa dell’Iran sciita su Hamas, su Hezbollah, sulla Siria.
La Libia ha mandato una nave di aiuti? Non so dire che fine abbiano fatto questi aiuti. Sono arrivati?
Mentre scrivo, c’è una nave di soccorritori internazionali, «The Dignity», che sta cercando di raggiungere Gaza con tre tonnellate di medicinali, ed è sottoposta al fuoco di navi israeliane in acque internazionali; cinque o sei navi da Guerra di Sion stanno sparando munizioni «vive», e impediscono alla Dignity non solo di arrivare a Gaza, ma anche di riparare in Egitto o in Libano. La nave attaccata non ha abbastanza carburante per tornare a Cipro, da cui è partita.
A bordo di Dignity ci sono 15 civili, di 11 nazioni diverse (1).
L’equipaggio della «The Dignity» salpato da Cipro
Eccone la lista:UK) Denis Healey, Captain
Captain of the Dignity, Denis has been involved with boats for 45 years, beginning with small fishing boats in
Portsmouth. He learned to sail while atschool and has been part of the sea ever since. He’s a certified yachtmaster and has also worked on heavy marine equipment from yachts to large dredgers. This is his fourth trip to
Gaza.
(Greece) Nikolas Bolos, First Mate
Nikolas is a chemical engineer and human rights activist. He has served as a crewmember on several Free Gaza voyages, including the first one in August.
(Jordan) Othman Abu Falah
Othman is a senior producer with Al-Jazeera Television. He will remain in
Gaza to report on the ongoing military onslaught.
(Australia) Renee Bowyer
Renee is a schoolteacher and human rights activist. She will remain in
Gaza to do human rights monitoring and reporting.
(Ireland) Caoimhe Butterly
Caoimhe is a reknowned human rights activist and Gaza Coordinator for the Free Gaza Movement. She will be remaining in
Gaza to do human rights monitoring, assist with relief efforts, and work on project development with Free Gaza.
(Cyprus) Ekaterini Christodulou
Ekaterini is a well-known and respected freelance journalist in
Cyprus. She is traveling to
Gaza to report on the conflict.
(Sudan) Sami El-Haj
Sami is a former detainee atGuantanamo
Bay, and head of the human rights section at Al-Jazeera Television. He will remain in
Gaza to report on the ongoing military onslaught.
(UK) Dr. David Halpin
Dr. Halpin is an experienced orthopaedic surgeon, medical professor, and ship’s captain. He has organized humanitarian relief efforts in
Gaza on several occasions with the Dove and Dolphin. He is traveling to
Gaza to volunteer in hospitals and clinics.
(
Germany) Dr. Mohamed Issa
Dr. Issa is a pediatric surgeon from
Germany. He is traveling to
Gaza to volunteer in hospitals and clinics.
(UK/Tunisia) Fathi Jaouadi
Fathi is a television producer and human rights activist. He will remain in
Gaza to do human rights monitoring and reporting.
(
USA) Cynthia
McKinney
Cynthia is a former U.S. Congresswoman from Georgia, and the 2008 Green Party presidential candidate. She is traveling to
Gaza to assess the ongoing conflict.
(
Cyprus) Martha Paisi
Martha is a senior research fellow and experienced human rights activist. She is traveling to
Gaza to do human rights work and to assist with humanitarian relief efforts.
(
UK) Karl Penhaul
Karl Penhaul is a video correspondent for CNN, based out of
Bogotá, Colombia. Appointed to this position in February 2004, he covers breaking news around the world utilizing CNN’s new laptop-based ‘Digital Newsgathering’ system. He is traveling to
Gaza to report on the ongoing conflict.
(
Iraq) Thaer Shaker
Thaer is a cameraman with Al-Jazeera television. He will remain in
Gaza to report on the ongoing military onslaught.
(
Cyprus) Dr. Elena Theoharous, MP
Dr. Theoharous is a surgeon and a Member of the Cypriot Parliament. She is traveling to
Gaza to assess the ongoing conflict, assist with humanitarian relief efforts, and volunteer in hospitals.
Il personaggio più noto a bordo è Cynthia McKinney, ex deputata negra Americana della Georgia: donna di straordinario coraggio, che ha chiesto pubblicamente un’indagine sull’11 settembre e che per questo è stata perseguitata dalla lobby israeliana.D’accordo, ma perchè Hamas continua a sparare quei razzi, che poi ammazzano operai arabo-israeliani?Ricordo un fatto preciso: 7 febbraio 2005. Il giorno dopo, su pressione di Condoleezza Rice, si doveva tenere a Sharm el-Sheik in Egitto, il vertice tra Ariel Sharon e Mahmoud Abbas, ossia il capo di Fatah, Abu Mazen. Questo era parte del «processo di pace» che ha portato alla «pace» sopra-descritta in Cisgiordania, sotto il misero governo-fantoccio di Fatah. A Sharon non piaceva, gli sembrava poco; gli legava le mani per la pulizia etnica da lungo tempo progettata.Ebbene: il 7 febbraio, un giorno prima del vertice, il ministro israeliano della Difesa, Shaul Mohfaz dice alla radio dell’esercito israeliano d’aver ricevuto informazioni d’intelligence, secondo cui Hamas ed Hezbollah avrebbero tentato di mandare a monte il vertice. In seguito a ciò, la sicurezza israeliana innalza l’allarme al grado III, un punto sotto lo stato di emergenza.
Come previsto, nel pomeriggio del 7 febbraio 2005 piovono razzi sulla cittadina israeliana di Nahariya. Immediatamente, la polizia d’Israele informa i media che si tratta di kathyushe sparate dagli Hezbollah dal vicino Libano.
Solo a tarda sera le fonti israeliane ammettono che la pioggia di razzi era risultato di «un errore umano», e precisamente di un test «fallito» da parte dii una fabbrica di armi israeliana che sorge nell’area. Non si trattava di kathyushe ma di obici di mortaio, sparati per prova da un poligono del glorioso Tsahal (2)
.Come mai l’ammissione? Sospetto che qualche ente d’intelligence americano abbia avvertito della realtà
la Rice, e che questa abbia detto a Sharon di non fare i soliti trucchi.Posso sbagliare. Ma ho un’altra conferma.Data: 6 agosto 2006, nel pieno della guerra contro Hezbollah, e della devastazione del Libano. Alla sede della CNN, l’anchorman Howard Kurtz è in collegamento con vari commentatori e giornalisti, alcuni dei quali sul campo.
Uno di questi è Thomas Ricks, inviato del Washington Post. Alla domanda di Kurtz su quella pioggia di razzi che Hezbollah continua ad essere in grado di lanciare sul nord-Israele, benchè il suo territorio (nel sud Libano) sia in quel momento investito dall’attacco di terra israeliano che sta spazzando tutto, Ricks risponde:
«Una delle cose che stanno accadendo, secondo analisti USA, è che Israele ha lasciato di proposito delle sacche di razzi Hezbolllah in Libano, perchè finchè sono bombardati dai razzi, possono continuare a godere di una sorta di equivalenza morale nelle loro operazioni in Libano… Penso che le perdite civili siano parte del gioco, per entrambe le parti» (3)
.Naturalmente, il grosso dei media occidentali ha continuato a ripetere la versione ufficiale della storia.
1) «Urgent! Israeli navy attacking civilian mercy ship. Take action immediately!», Free Gaza,
30 dicembre 2008.
2) Majdoline Hatoum, «Mortar mishap sparks security scare ahead of peace summit», Daily Star, giornale libanese, 8 febbraio 2005.
3) «Coverage of war in the
Middle East», CNN, 6 agosto 2006, ore 10. Trascrizione della trasmissione al sito – http://transcripts.cnn.com/TRANSCRIPTS/0608/06/rs.01.html
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il titolare della Farnesina, Franco Frattini, in un’intervista al Tg1 fa appello alla Lega Araba “perché finiscano i lanci di missili da parte di Hamas che purtroppo ha violato la tregua: è un’organizzazione terroristica e lo sta dimostrando”.
Il sito israeliano Debka: «La cinquantina di missili e razzi che Hamas ha lanciato a colpire Israele il 24 dicembre, insieme a decine di colpi di mortaio, rappresentano non oltre un quarto delle sue capacità, dicono nostre fonti militari. Ufficiali dell’Israeli Defense Forces calcolano che il gruppo palestinese fondamentalista può sparare 200 missili al giorno, alla pari con lo sbarramento fatto da Hezbollah contro la Galilea nella guerra del Libano 2006, con conseguenze devastanti in perdite umane e danni alle proprietà… Il gabinetto sulla sicurezza israeliano ha concluso che Israele deve ricorrere all’azione militare per spegnere la crescente pioggia di missili, mortai e razzi da Gaza, che mercoledì hanno lasciato 57 vittime di shock, di cui metà bambini, e rovinato case, veicoli, negozi, officine e strade. I ministri hanno tenuto conto che Hamas reagirebbe agli attacchi aerei israeliani su Gaza dispiegando i suoi missili a lungo raggio che si ritiene abbiano una gittata di 42 chilometri».
Strano che questo continuo sbarramento di missili, una cinquantina in un sol giorno, non faccia una sola vittima in Israele. Perchè, come ha scritto Yoel Marcus su Haaretz: «… Nessuno è stato ucciso dalla pioggia di razzi dopo la cessazione ufficiale della tregua (con Hamas). Ciò non significa che sia una situazione in cui sia possibile vivere, ma la reazione isterica del pubblico in generale e dei politici in particolare pare sorgere essenzialmente dal fatto che il Paese è in periodo elettorale».
I missili di Hamas, anche a 50 al giorno, non ammazzano mai nessuno nel territorio israeliano. Le 57 «vittime» di cui parla Debka, hanno subito «lo shock». In compenso, uno di questi razzi, venerdi, ha colpito una casa nella striscia di Gaza uccidendo due bambine, una di 5 e una di 13 anni: palestinesi.
Quando si tratta di ammazzare palestinesi, i razzi palestinesi sono efficacissimi, mica producono solo «shock». Fanno cilecca solo contro gli israeliani.
Lungi da me, che non ho mai fatto il militare, dare consigli ai comandi di Hamas; ma se fossi in loro, darei una ripassata ai von Braun di casa, prima di fare la guerra ad Israele. C’è qualcosa che non funziona nella tecnologia, e dopo anni di lanci, dovrebbero cominciare a chiedersi cosa.
Il puntamento approssimativo? La carica esplosiva insufficiente? Il comburente annacquato?
Non è possibile andare avanti così, signori fondamentalisti islamici. Dovreste aver capito che i vostri mezzi balistici – che fanno al massimo un buco su un pezzo d’asfalto, o rovinano qualche tegola – attraggono invariabilmente una reazione israeliana di volume cento volte superiore, con elicotteri, missili teleguidati, bombe intelligenti radar-guidate, bordate d’artiglieria navale, ferro e fuoco da cielo, terra, aria.
Un proiettile del cannone del carro armato Merkava – ci hanno fatto vedere in TV un caro soldatino che lo caricava – è già più lungo dei vostri razzi, ed enormemente più esplosivo; infallibile nel puntamento, grazie all’apparato elettronico che nel Merkava consente il tiro mirato anche mentre il carro armato corre sobbalzando.
Debka dice che quelli di Gaza, con 50 lanci, hanno usato «solo un quarto delle loro capacità»; che possono lanciare anche 200 missili, «alla pari con la potenza di fuoco di Hezbollah» nella guerra del Libano.
Uno si domanda: 200 missili al giorno, o 200 missili in tutto? Se poi vogliamo chiamarli missili.
Quelli di Hezbollah erano numerosi, eppure non produssero «perdite devastanti» fra gli israeliani, nonostante tutto lo sforzo della propaganda di portare i giornalisti e le troupes TV a vedere i danni.
Debka informa che Hamas dispone di missili «a lungo raggio»: 42 chilometri. Non si sono mai visti, simili razzi. Ma decisamente, la tecnologia di Hamas avanza e migliora di giorno in giorno. Con una simile gittata, la cosa si fa seria. Tanto che (dice Debka) «una striscia di 30 chilometri con 30 località è stata collegata con il sistema di allarme precoce del Comando Interno; unità operative sono state spiegate nella zona con squadre di pronto soccorso, antincendio e salvataggio… 200 ambulanze sono in allerta nella zona sud-occidentale di Israele».
Già questo dovrebbe indurre i comandi di Hamas a rinunciare: contro i loro 200 missili, gli israeliani mettono in allerta 200 ambulanze. Una per ogni missile. La disparità di mezzi è evidente anche solo da questo.
D’altra parte, si può obbiettare che anche le capacità israeliane non sono eccelse quanto sembrano.
Israele controlla tutti i varchi da cui entrano merci a Gaza; anzi li ha chiusi tutti, al punto che delle 47 panetterie di Gaza, ne lavorano oggi solo 14; e ci sono file lunghissime di gente in attesa del pane; i rifornimenti bastano per 24 ore.
Ebbene: Israele riesce a non far passare la farina nè i medicinali, ma non riesce a bloccare i materiali che servono per la fabbricazione di 200 razzi, missili o quel che sono, tanto più di 42 chilometri di raggio?
Gaza non riesce a procurarsi il pane (e non parliamo del companatico); dipende dalle razioni dell’ONU; com’è che invece riesce a procurarsi lunghi tubi d’alluminio o d’acciaio speciale, tonnellate di esplosivo per 200 testate, attrezzature sofisticate per motori a razzo (mica facili da fabbricare in una officina, senza elettricità e forza motrice, specie per gittate da 42 chilometri), oltre che combustibile e carburante per i motori?
Quelli sono materiali voluminosi, altamente infiammabili e instabili, pericolosi da trasportare. E a proposito: i razzi palestinesi vanno a combustibile liquido o solido? Nessuno ce lo spiega mai. Ma lasciamo correre.
Tutta roba che arriva dai tunnel che Hamas ha praticato sotto il confine con l’Egitto, si potrà rispondere. Anche a voler ammettere che Hamas usi questi tunnel solo per rifornimenti bellici e non per la farina, condannando alla fame i suoi palestinesi (si sa, Hamas è irrazionale, tutti i musulmani sono ferocemente irrazionali), la cosa non convince.
Israele sorveglia ogni metro quadrato di Gaza. Con i satelliti suoi e americani, con tutti i suoi droni senza pilota, con tutti gli altri apparati di sorveglianza elettronici per cui è leader di mercato mondiale, con le spie interne che assolda (e ne trova, perchè spiare per Israele è magari la condizione per poter mandare la mamma o il figlio malati in un ospedale israeliano) Israele è in grado di rilevare qualunque movimento sospetto in quel fazzoletto di terra: tanto è vero che quando vuole colpisce persone precise, di cui conosce l’identità e la intenzioni, e le incenerisce seduta stante.
Com’è che questa impareggiabile e sofisticatissima sorveglianza preventiva fa cilecca, quando si tratta di missili e loro parti? Rilevano un’auto con dentro un paio di militanti di Hamas, e poi non rilevano camion che portano bombole di comburente ossigenato? E quintali di cordite?
C’è una falla nel sistema israeliano. E’ uno scandalo che deve finire: danneggia anche il business, l’immagine commerciale del massimo venditore mondiale di rinomati sistemi di repressione.
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Armi palestinesi
Armi israeliane
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Ma ammettiamo che l’armamento pesante di Hamas venga contrabbandato attraverso i famosi tunnel. Questi tunnel comunicano con l’Egitto. Allora bisognerebbe ammettere che l’Egitto, sotto sotto, arma Hamas contro Israele.
Ma non è così. Il Cairo ha tenuto bordone all’assedio di Gaza e alla sua morte per fame, mantenendo chiuso il varco di confine di Rafah. E come ha riportato Al-Quds al-Arabi, quotidiano pubblicato a Londra, il 24 dicembre, Amos Gilad, il capo del settore diplomazia-sicurezza del ministero della Difesa israeliano, s’è incontrato al Cairo con Omar Suleiman, capo delll’intelligence egiziano, per comunicargli l’intenzione di compiere l’annunciatissima incursione a Gaza. E Suleiman ha risposto che l’Egitto non si oppone se lo scopo è limitato al rovesciamento di Hamas.
Pochi giorni prima, dopo che Israele ha maleducatamente respinto una debole proposta di Mubarak di ritentare di arrivare a una nuova tregua (anche quella di prima era stata mediata dall’Egitto), si è limitato a chiedere che Israele si comporti con «restraint», nella sua azione militare contro Gaza. Che si trattenga un po’, insomma.
Del resto anche gli europei, anche l’ONU, hanno detto sì: solo, hanno chiesto gentilmente di poter portare qualche camion in più di cibo dentro Gaza, in modo che sotto le bombe i palestinesi, oltretutto, non comincino a morire anche di fame – come in ogni lager che si rispetti, o sarebbe «una catastrofe umanitaria».
Israele ha generosamente consentito, «sotto le fortissime pressioni internazionali». Così tutto è moralmente a posto, potremo guardare in TV l’attacco, sicuri che non è una catastrofe umanitaria. Anzi, guardare probabilmente no: non ci saranno telecamere a Gaza, saranno tutte a Sderot, a riprendere le tegole sbrecciate dai missili palestinesi che ammazzano solo palestinesi.
A nessuno è simpatico Hamas. Non ha alleati. Anzi no, contrordine: notoriamente, Hamas è aiutata ed armata da Iran (come?) e da Hezbollah. Per questo i capi di Hamas continuano a tirare i loro razzi contro Sion; perchè sanno di avere le spalle coperte.
Infatti, c’informa la preziosissima Debka: «Hamas ha fatto appello a Teheran il 25 dicembre, chiedendo che l’Iran la sostenga con la minaccia di intervenire se Israele lancia un attacco contro la striscia di Gaza… Khalaad Meshal, il capo del politburo di Hamas che ha sede a Damasco ha telefonato a un funzionario dell’ambasciata iraniana chiamato Abolfazl ed ha chiesto con urgenza una dichiarazione da Teheran che scoraggiasse Israele dall’attacco».
I capi di Hamas non hanno manco una linea con il Supremo Ayatollah, o almeno con Ahmadinejad. Sono ridotti a chiamare a caso l’ambasciata iraniana a Damasco e a parlare al primo che alza il telefono – tale Abolfazl, di cui nemmeno il Mossad sa nulla – per chiedere un aiutino.
E che aiutino: mica armamenti, e nemmeno minacce d’intervento, ma una dichiarazione che intimorisca Israele.
Dunque Hamas non vuole la guerra, sta cercando di dissuadere attraverso Teheran. Non sarebbe più semplice se smettesse di tirare quei missili, che non beccano mai un bersaglio che sia uno?
E Teheran? Escluso che accenda i motori dei suoi jets, che li carichi con le sue bombe atomiche (ce le ha, e se non ce le ha le avrà), e voli per tremila chilometri a colpire l’Agnello di Sion, farà almeno la dichiarazione per intimidirlo? Si sa che Israele tende facilmente a lasciarsi intimidre. Da dichiarazioni, soprattutto.
Invece no. Persino Debka deve ammettere che «dopo l’SOS di Hamas», il consiglio di sicurezza nazionale dell’Iran «ha deciso di non rigettarlo immediatamente, ma di informare Meshaal che l’Iran attendeva gli sviluppi e che seguiva da vicino le operazioni militari israeliane per vedere come si sviluppavano». Come facciamo tutti, Meshaal.
Andato buco questo tentativo, Meshaal fa un’altra telefonata: A Nasrallah, il capo di Hezbollah a Beirut. Stavolta, informa Debka, «usando la loro speciale linea telefonica» (dunque il Mossad intercetta la speciale linea telefonica di Hezbollah: come mai non intercetta i missili e i razzi di Gaza?). E cosa chiede il capo di Hamas all’alleato, il temibile Hezbollah?
«Una dichiarazione di sostegno al popolo di Gaza». In questo caso però, «con l’aggiunta di una velata minaccia di aprire un secondo fronte contro Israele attraverso lanci di razzi dal Libano».
Un secondo fronte! Allora sì che l’Agnello di Sion, con le sue povere 200 bombe atomiche, vettori balistici, F-16 a dozzine, e carri Merkava a centinaia, viene veramente minacciato nella sua stessa esistenza!
Non che debba dare corso alla minaccia, Hezbollah; basta che la ventili «velatamente». E come ha reagito Hezbollah?
Con qualche «frase emotiva sulla ‘sofferenza’ dei palestinesi e il loro ‘eroico atteggiamento’ di fronte alla ‘aggressione’ sionista» (le virgolette sono di Debka. Insomma, nessuna minaccia di entrare in guerra a fianco di Gaza. Nulla. Secondo Debka, «L’Iran ha ordinato a Nasrallah di evitare di fare minacce pubbliche».
Hezbollah infatti, come sanno tutti, è agli ordini di Teheran.
E però non obbedisce. Infatti, il 26 dicembre, «militari del genio libanese scoprono e disinnescano 13 razzi (di Hezbollah) puntati sulle città del nord Israele». Li abbiamo visti, finalmente, questi razzi; ce li hanno mostrati nei telegiornali, li hanno trovati in territorio libanese controllato da UNIFIL, ossia dall’ONU; hanno fatto vedere un nostro generale italiano vicino a questi razzi. Lunghi, neri, in mezzo a un frutteto.
Ci sono, ci sono i razzi, come dubitarne?
Strano solo questo: che nel 2006, quando Israele aggredì Hezbollah, il glorioso Tsahal non riuscì a scoprirne uno solo, dei numerosissimi razzi che Hezbollah aveva – evidentemente – nascosto benissimo. Tant’è vero che la gloriosa aviazione di Sion dovette bombardare tutto il Libano, case, scuole, centrale elettrica e centrale del latte compresa, per cercare di colpire (alla cieca) una di queste postazioni. Invisibili, imprenditbili, sotterranee.
E invece stavolta, Hezbollah mette i suoi 13 razzi in un frutteto. In piena vista, tanto che li scoprono i famosi genieri dell’armata libanese, e il generale italiano dell’UNIFIL – immediatamente avvertito della scoperta – li va a vedere, e tutte le telecamere sono lì a riprendere.
Debka riferisce: «I razzi sono stati disattivati appena prima che i loro apparati a tempo li lanciassero contro Naharya e Maalot». Capito?
I terroristi Hezbollah fanno così: piazzano i razzi nel frutteto e se la squagliano, dopo aver caricato i timer. Ecco perchè Sion, nel 2006, si è fatta cogliere di sopresa dalle tattiche Hezbollah.
Strano però che i Caschi Blu dell’UNIFIL, che sono lì da mesi e non hanno mai trovato nulla, di colpo si fanno bagnare il naso dai genieri del Libano; che proprio lì trovano razzi Hezbollah pronti al lancio. E proprio quando Israele ha bisogno di una prova dell’esistenza dei fantomatici razzi, per giustificare il suo attacco per rovesciare Hamas. Molto strano. Che razzi sono, poi?
Debka ce lo spiega: «Otto lanciarazzi iraniani ultimo modello, capaci di doppio caricamento, sicchè ciascuno lanciatore può sparare 16 razzi. Non tutti erano completamente carichi. I genieri libanesi (sempre loro!) hanno trovato 13 razzi con un raggio di 20-22 chilometri. Tre dei lanciatori erano pronti a sparare razzi RAAD da 107 millimetri e cinque erano caricati con Grad-Katyusha da 122 millimetri».
Insomma sono katyushe, non proprio missili. Certo fanno impressione nelle foto e nei TG: lunghi neri, messi lì sui loro trespoli. Un po’ più impressionanti di quelli che certe agenzie hanno passato, in queste ore, come «razzi di Hamas».
Una di queste foto ve la proponiamo qui.
Come vedete, ci sono terroristi mascherati: sicuramente di Hamas. In un verde frutteto, verdeggiante in pieno inverno. Guardate bene il razzo, con quella temibile testa verniciata di rosso. Il fotografo l’ha ripreso dall’alto (sarà salito su una scaletta?) e col grandangolo.
Fa paura, vero? Ma sotto la testata, cosa vedete?
Non c’è il motore del missile, nè i serbatoi del carburante, come occorre per un razzo di presunta gittata di 15-20 chilometri. C’è una canna metallica di piccolo diametro. A guardar bene, non è un missile, e nemmeno un razzo: è un RPG, un’arma anticarro vecchia, che certo ha un raggio non superiore a mille metri.
Kawter Salam, un blogger che scrive da Gaza raccontando giorno per giorno la vita nel lager assediato e bombardato, protesta: «Come l’agenzia ORF (agenzia tedesca che ha pubblicato la foto) e gli altri media vengono in possesso di una tale immagine – c’è anche il video – che presuntivamente mostra “guerriglieri di Hamas” che sparano razzi tra gli alberi da frutta?».
«Hamas ha portato i giornalisti sul posto per mostrare le proprie attività militari? Hamas ha arrestato dei giornalisti che cercavano di riprendere casi come questo».
«Se c’è motivo di dubitare che questi razzi vengano sparati da Gaza, da quale altro posto possono essere lanciati? Dal territorio di Israele, magari? E’ possibile che il lancio di questi razzi sia un campagna di propaganda dell’IDF per “giustificare” il massacro, da tempo pianificato, del popolo di Gaza?».
«Può essere che l’IDF usi gli abitanti di Sderot, di Askelon e di altri luoghi (israeliani) attorno a Gaza per fabbricare una giustificazione per il genocidio di un popolo che è già quasi mezzo morto per fame?».
«E perchè nessuno pone queste domande prima di mostrare video di questo tipo da diverse TV europee?».
Perchè se no ci chiamano antisemiti, Salam, che forse non sopravviverai domani. Addio, e buon Natale.
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