Archivio per novembre 2014

la visita di papa Francesco ad Instambul al patriarca della chiesa ortodossa   Leave a comment


Il Papa sul libro degli ospiti di Santa Sofia: “Dio guidi l’umanità sulla via della verità”

Il Papa si china davanti a Bartolomeo e si fa benedire da lui"Pietro e Andrea"

Alla fine del suo discorso Papa Francesco ha chiesto la benedizione del Patriarca Bartolomeo e si è chinato davanti a lui per ricevere la benedizione. Il Patriarca lo ha baciato sul capo. È un gesto fortemente simbolico quello che conclude la giornata. È ormai calata la sera a Istanbul, e nella vigilia della festa di Sant’Andrea, patrono del patriarcato ortodosso, Francesco varca la soglia della chiesa insieme al fratello Bartolomeo. La preghiera è un incontro breve, un anticipo di quanto accadrà domani, quando il Pontefice assisterà alla Divina Liturgia ortodossa celebrata dal Patriarca ecumenico. All’ingresso, il Papa ha venerato una grande icona ricoperta d’argento.

Nel suo saluto di benvenuto, Bartolomeo definisce Francesco «latore di amore del Protocorifeo (cioè l’apostolo Pietro, ndr) verso il proprio fratello, il Primo chiamato (cioè l’apostolo Andrea)». Il Patriarca ricorda le «analoghe visite dei vostri venerabilissimi predecessori», citando Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. E parla della «volontà» di Papa Bergoglio e della «santissima Chiesa di Roma di proseguire il fraterno e costante cammino con la nostra Chiesa ortodossa, per il ristabilimento della completa comunione». La venuta del Papa, per Bartolomeo «è un fatto storico e ricco di buoni auspici per il futuro».

Il Patriarca, ringraziando i cattolici per la per la restituzione delle reliquie di santa Eufemia, cita san Basilio e san Giovanni Crisostomo. E aggiunge: «Questi santi Padri, sul cui insegnamento si è fondata la nostra comune fede durante il primo millennio, siano intercessori presso il Signore, affinché possiamo ritrovare la piena comunione tra le nostre chiese, compiendo così la sua santa volontà».

«Mentre le esprimo il mio sentito grazie per la sua fraterna accoglienza – gli risponde nel suo saluto Francesco – sento che la nostra gioia è più grande perché la sorgente è oltre, non è in noi, non è nel nostro impegno e nei nostri sforzi, che pure doverosamente ci sono, ma è nel comune affidamento alla fedeltà di Dio».

Parlando della pace e della gioia «che il mondo non può dare, ma che il Signore Gesù ha promesso ai suoi discepoli, e ha donato loro da risorto», Bergoglio ha aggiunto: «Andrea e Pietro hanno ascoltato questa promessa, hanno ricevuto questo dono. Erano fratelli di sangue, ma l’incontro con Cristo li ha trasformati in fratelli nella fede e nella carità. E in questa sera gioiosa, in questa preghiera vigiliare vorrei dire soprattutto: fratelli nella speranza». LA STAMPA domenica 30 novembre 2014

 

“Contemplando la bellezza e l’armonia di questo luogo sacro la mia anima si eleva all’Onnipotente, fonte e origine di ogni bellezza”.Lo ha scritto Papa Francesco sul libro degli ospiti della Basilica di Santa Sofia a Istanbul. “Chiedo all’Altissimo di guidare sempre i cuori dell’umanità sulla via della verità, della bontà e della pace”        http://video.repubblica.it/dossier/il-nuovo-papa/il-papa-sul-libro-degli-ospiti-di-santa-sofia-dio-guidi-l-umanita-sulla-via-della-verita/185006/183868

(da Repubblica Esteri)

“La fame e la povertì alimentano la violenza e il terrorismo”. Lo ha detto Papa Francesco nel corso della sua visita in Turchia, parlando alla “divina liturgia” nella chiesa patriarcale di San Giorgio a Fanar, sede del Patriarcato ortodosso di Istanbul. “Nel mondo, ci sono troppe donne e troppi uomini che soffrono per grave malnutrizione, per la crescente disoccupazione, per l’alta percentuale di giovani senza lavoro e per l’aumento dell’esclusione sociale, che può indurre ad attività criminali e perfino al reclutamento di terroristi”.

E rivolgendosi al mondo ortodosso, il Pontefice ha aggiunto: “”Come cristiani siamo chiamati a sconfiggere insieme quella globalizzazione dell’indifferenza che oggi sembra avere la supremazia e a costruire una nuova civiltà dell’amore e della solidarietà”. Un appello all’unità, dunque, nella certezza che il “ristabilimento della piena comunione” tra cattolici e ortodossi “non significa nè sottomissione l’uno dell’altro, nè assorbimento – ha aggiunto Bergoglio – ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio ha dato a ciascuno per manifestare al mondo intero il grande mistero della salvezza”.

Lo sforzo per ritrovare la comunione tra le diverse chiese è stato riconosciuto anche dal patriarca ecumenico Bartolomeo I: “Il vostro ancora breve cammino alla guida della Chiesa, vi ha consacrato nella coscienza dei nostri contemporanei, araldo dell’amore, della pace e della riconciliazione. Insegnate con i vostri discorsi, ma soprattutto e principalmente con la semplicità la umiltà e l’amore verso tutti, per i quali esercitate il vostro alto ufficio. Ispirate fiducia agli increduli, speranza ai disperati, attesa a quanti attendono una Chiesa amorevole verso tutti”, gli ha detto il patriarca nel discorso di saluto che si sono scambiati al termine della Divina Liturgia. Ringraziandolo per aver offerto agli ortodossi “la speranza che durante il vostro tempo, l’avvicinamento delle nostre due grandi antiche Chiese continuerà a edificarsi sulle solide fondamenta della nostra comune tradizione, la quale da sempre rispettava e riconosceva nel corpo della Chiesa un primato di amore, di onore e di servizio, nel quadro della sinodalità, affinché ‘con una sola bocca ed un sol cuore’ si confessi il Dio Trino e si effonda il Suo amore nel mondo”.

Francesco e Bartolomeo I si sono già incontrati ieri all’arrivo del Pontefice a Istanbul da Ankara: il patriarca ecumenico ha partecipato alla messa celebrata nel pomeriggio dal Papa nella cattedrale cattolica e subito dopo un altro incontro c’è stato al Patriarcato, dove il Papa è intervenuto a una liturgia ecumenica. Qui, chinando il capo davanti a Bartolomeo, Francesco gli ha chiesto la sua benedizione per la Chiesa di Roma, e il patriarca l’ha fraternamente baciato e abbracciato.

Stamane il Papa ha incontrato anche il gran rabbino di Turchia Isak Haleva. L’ultimo appuntamento del viaggio papale in Turchia, alle 16.00 (le 15.00 italiane) nel giardino della Rappresentanza pontificia, sarà infine il saluto ai ragazzi dell’Oratorio Salesiano, in cui Francesco incontrerà anche alcuni giovani rifugiati, di famiglie in fuga dall’Iraq e dalla Siria. Sul volo di ritorno per Roma, con arrivo previsto alle 18,40 a Ciampino, Bergoglio ha già promesso che risponderà alle domande dei giornalisti al

l’esperienza delle piante curative in Peru (la medicina natutale)   Leave a comment


la ricerca di una dottoressa per conoscere le virtù curative delle piante..

 

La visione di Alce Nero Uomo Sacro dei Sioux Lakota Oglala, e il simbolismo massonico   Leave a comment


I Sioux Lakota Oglala, noti nella storia per il loro valore guerriero e per la nobile quanto disperata resistenza che opposero all’avanzata dei conquistatori bianchi, detengono una tradizione spirituale complessa ed elevata. Tale tradizione è conosciuta in tutto il mondo grazie al libro di John G. Neihardt “Alce nero parla”[1], che narra in forma poetica la biografia del guerriero e uomo sacro Alce Nero (Black Elk – Hehaka Sapa) e la sua “Grande Visione”. I rituali dei Sioux Oglala furono poi raccolti, dalla bocca dello stesso Alce Nero, da Joseph Epes Brown, che li espose in un altro libro dal titolo “La sacra pipa”[2]. Essi hanno, nel loro simbolismo, molti punti di contatto con i rituali massonici, con i quali condividono una rigorosa orientazione spaziale e l’importanza che vi rivestono le circoambulazioni intorno ad un centro.

Il simbolo più importante della tradizione Sioux Lakota è il cerchio sacro, che rappresenta l’intera manifestazione cosmica: “Il sole, il cielo, la terra, la luna, un corpo umano, un tronco d’albero, il giorno, la notte, un anno, la vita di un uomo, tutti questi erano cerchi sacri. Rispettando l’ordine naturale di queste cose i Lakota erigevano tepee [tende] circolari, che andavano a far parte del cerchio dell’accampamento, e si sedevano in cerchio nelle occasioni cerimoniali. L’interezza del cerchio, senza inizio e senza fine, rappresentava l’unicità dell’universo”.[3].Nella tradizione lakota tutto l’universo è concepito come permeato da una forza sacra (wakan) che lo anima, forza una e molteplice la cui totalità è denominata Wakan Tanka, il Grande Mistero.

Gli Uomini Sacri (Wicasa Wakan), i depositari della tradizione lakota, arrivano a conoscere certi aspetti del wakan attraverso precisi riti, fra i quali importantissimo è quello della “ricerca della visione”. In esso il ricercatore della visione, dopo essersi purificato attraverso il rito della “capanna del sudore”, si isola in un luogo appartato, spesso di caratteristiche terrifiche, e, dopo aver passato alcuni giorni senza cibo né acqua in una buca coperta da una pelle -momento rituale che richiama da vicino quello del “Gabinetto delle Riflessioni” massonico-, evoca con la pipa sacra una visione che, qualora ottenuta, gli conferisce particolari poteri. Se chi ha ricevuto la visione è destinato a divenire un “Uomo Sacro”, la sua formazione sarà completata da un periodo di istruzione da parte di un Wikasa Wakan anziano.

La pipa sacra utilizzata nei rituali è considerata il più potente mezzo di comunicazione fra cielo e terra. Essa viene fatta circolare in senso destrorso fra i partecipanti al rito, ed offerta alle sei direzioni dello spazio ( il cielo, la terra e i quattro punti cardinali). Il tabacco posto nel fornello rappresenta tutto il cosmo e viene consumato in modo sacrificale. La pipa è composta di due parti: un fornello, ottenuto da una particolare pietra rossa (catlinite), e un cannello di legno di acero ornato di penne d’aquila. Queste due parti, abitualmente tenute rigorosamente separate, sono congiunte solo durante lo svolgimento del rituale, come la squadra e il compasso nei riti massonici. Del resto, la pietra del fornello può essere avvicinata simbolicamente alla terra, rappresentata nel simbolismo massonico dalla squadra, mentre il cannello ornato di penne d’aquila, animale simbolo di Wakan Tanka, ha un corrispondente nel compasso, simbolo del cielo.[4]. La pipa unita nelle sue due parti è considerata un oggetto di grande potere che va maneggiato con somma cautela, come un’arma pronta a colpire.

La Sacra Pipa

Un altro simbolo molto importante della tradizione lakota è quello del palo sacro, o albero cosmico assiale, che è eretto nella sacrificale “danza del sole” e nello stesso rituale di ricerca della visione.

Alce Nero e John G. Neihardt

Alce Nero, Uomo Sacro (Wichasha Wakan) e guaritore tradizionale sioux, apparteneva alla stessa comunità dei Sioux Oglala del mitico guerriero e combattente per la libertà Cavallo Pazzo, di cui era lontano cugino . A 12 anni partecipò alla battaglia di Little big Horn, nella quale una coalizione di tribù pellerossa, guidata da Toro Seduto, sconfisse il generale Custer. Fu poi testimone del massacro di Wounded Knee, che pose fine definitivamente alla resistenza contro i bianchi e causò il tracollo quasi completo della tradizione spirituale lakota. Durante tale episodio venne seriamente ferito.[5]

La vita spirituale di Alce nero fu molto difficile e complessa. All’età di 9 anni improvvisamente si ammalò, cadendo in uno stato di apparente incoscienza. Durante tale stato, che si protrasse per 12 giorni, ricevette una Grande Visione dagli “Esseri del tuono” detenenti i “poteri dell’Ovest”. L’episodio doveva segnare tutta la sua vita. A diciotto anni, stabilitosi nella riserva di Pine Ridge, vi compì il rito Heyoka (o rito del Sacro Commediante) ed altri riti tradizionali oglala; in seguito gli vennero riconosciuti dalla comunità pellerossa in cui viveva poteri di guarigione. Nel 1886 Alce nero, spinto dalla curiosità di conoscere l’ambiente originario dei bianchi, intraprese un viaggio di tre anni in Europa al seguito del circo di Buffalo Bill. Ebbe così occasione di conoscere i modi di vita occidentali e di entrare in contatto per la prima volta con la tradizione cristiana, da cui fu favorevolmente impressionato. Ritornato a Pine Ridge, partecipò alla “Danza degli spettri”, il disarmato movimento millenaristico pellerossa, guidato dall’indiano paiute Wovoka, che prometteva il riscatto dei pellerossa, la cacciata dei bianchi per opera divina , il ritorno dei bisonti e degli indiani morti. La “Danza degli spettri” ebbe termine con la brutale repressione militare statunitense culminata con l’assassinio di Toro Seduto ed il massacro di Wounded Knee. In seguito Alce Nero si unì alla chiesa cattolica e, sotto la pressione dei gesuiti della missione di Pine Ridge, abbandonò le pratiche di guaritore tradizionale, divenendo catechista e membro rispettato della comunità cattolica.

Nel 1930 Alce Nero seppe che lo scrittore e poeta del Nebraska John G. Neihardt era in visita alla riserva di Pine Ridge allo scopo di raccogliere materiali per un libro che avrebbe dovuto narrare la storia della “Danza degli spettri” e del massacro di Wounded Knee[6]. Il vecchio sioux decise di trasmettere a Neihardt il patrimonio di ricordi di cui era depositario e che rischiava, con la sua morte, di andare perso per sempre. Ma ciò che gli stava a cuore di più era trasmettere i contenuti della sua “Grande Visione”. Fra i due uomini si stabilì un rapporto molto profondo: Neihardt apparve ad Alce Nero come provvidenzialmente destinato a far conoscere al mondo la tradizione spirituale Oglala e la sua visione, e venne da lui adottato come figlio con il nome di “Arcobaleno Fiammeggiante”[7]. Il significato che ebbe per Alce Nero la visita di Neihardt è chiaramente espresso dalle parole che in una occasione il vecchio Uomo Sacro rivolse al poeta bianco:

“Prima che ti avessi mai visto mi ponevo domande sul sogno, e il tuo fratello fantasma [il Sé superiore di Neihardt] ti ha messo qui per fare del bene al tuo popolo. E attraverso te il tuo popolo avrà la conoscenza. Inoltre, questa mia visione deve uscire, sento, ma in qualche modo non riuscivo mai a trovare qualcuno che la potesse fare uscire. Ci pensavo e ripensavo ed ero triste. Volevo che il mondo la conoscesse. Sembra che il tuo fratello fantasma ti abbia mandato qui per fare questo per me. Tu sei qui e hai la visione proprio nel modo in cui volevo io, e l’albero fiorirà di nuovo, e il popolo saprà la realtà dei fatti. Noi vogliamo che quest’albero torni a fiorire nel mondo del vero che non giudica.” [8]

La fiducia di Alce Nero era ben riposta: Neihardt non solo accolse con profondissimo rispetto la visione del vecchio Uomo Sacro, ma se ne dimostrò un fedele interprete, evidenziandone i contenuti più universali e rendendola in un linguaggio poetico che ne assicurò la diffusione fra un numero enorme di lettori. L’adeguatezza di Neihardt alla funzione intravista in lui da Alce Nero fu non solo dovuta alla sua personale sensibilità per il simbolismo tradizionale, ma anche al fatto d’essere lui stesso un iniziato, avendo ricevuto l’Iniziazione, l’aumento di salario a Compagno e l’elevazione a Maestro Massone in una loggia affiliata alla Gran Loggia del Nebraska.

Il libro di John Neihardt “Alce Nero Parla” fu oggetto di violente polemiche da parte di rappresentanti del mondo cattolico, polemiche che, da parte di alcuni particolari settori di tale mondo, si prolungano ancora oggi.

Per chiarire il contesto in cui esse si svilupparono, la loro reale portata e le loro assai particolari finalità rinviamo al libro “Il sesto antenato. I testi originali degli insegnamenti di Alce Nero”, a cura di Raymond De Mallie. Il libro raccoglie i documenti originali delle interviste rese a Neihardt da Alce nero, oltre ad interessanti dati storico-biografici. Di particolare valore è la lunga introduzione di De Mallie, che chiarisce in modo definitivo la delicata questione dei rapporti fra Neihardt e Alce Nero, e fra quest’ultimo e la comunità religiosa cattolica locale.

La Grande Visione di Alce Nero

Alce Nero ricevette la sua Grande Visione da bambino, all’età di 9 anni, quando la sua mente venne

“rapita tra le nuvole” e condotta presso i “sei antenati”, personificazione dei poteri delle direzioni dello spazio, che lo investirono di una missione di guida del suo popolo.

La visione è particolarmente complessa e il suo simbolismo, strettamente legato alla tradizione Lakota, è di difficile decifrazione. Ci limiteremo perciò a riassumerne alcuni punti salienti, in cui emergono chiaramente alcuni dati simbolici di carattere universale comuni a tutte le tradizioni. A tal fine, faremo riferimento alle notazioni stenografiche di Neihardt raccolte nel libro “Il sesto antenato”, differenti in alcune parti dall’esposizione letteraria e poetica del libro “Alce nero parla”.

Nella sua esperienza visionaria, Alce Nero si “stacca” dal proprio, corpo, che appare ai genitori e agli altri membri della tribù come caduto in stato d’incoscienza e, richiamato dagli antenati, sale su una nuvola. Dopo che gli sono stati mostrati i cavalli delle quattro direzioni dello spazio, è condotto attraverso la “porta d’arcobaleno” al “tepee di nuvola” degli antenati, che gli dicono: “I tuoi antenati di tutto il mondo e di tutta la terra stanno tenendo consiglio e tu sei stato chiamato, così eccoti qui. Osserva allora coloro dove cala il sole; da là verranno, vedrai. Da essi tu conoscerai il potere di volontà di me stesso, poiché essi ti porteranno al centro della terra, e le nazioni di ogni genere tremeranno. Osserva il sole dove brilla incessantemente, poiché essi ti porteranno là.”[9].

Gli antenati gli mostrano due strade che si estendono sulla terra: la strada sacra rossa, da nord a sud (la strada degli spiriti buoni, dei poteri benefici e di guarigione) e la strada nera, da est ad ovest (la strada degli Esseri del Tuono, della paura, dei poteri distruttivi e guerreschi).[10] Tale simbolismo richiama la consueta bipolarità dell’influenza spirituale nei suoi due aspetti di misericordia e rigore, come sono ravvisati anche in altre forme tradizionali.[11]

Gli viene fatta percorrere la strada sacra nera che va da ovest ad est e deve sconfiggere un nemico, lo spirito dell’acqua; poi deve percorrere la strada rossa che va da sud a nord, ricevendo così poteri salvifici. Gli è conferito il Cerchio Sacro della nazione, con la missione di guidarla, e gli è ingiunto di recarsi al suo centro: “Guarda, quando andrai al centro del cerchio della nazione tu correrai i quattro quarti.” (nessuno sarà sacro di fronte a me [dice Alce Nero]. Dovunque andrò, di fronte a me non vi sarà compito arduo. Ogni compito che intraprenderò arriverò a portarlo a termine. Non sarà mai difficile per me)[12] . In seguito sono conferiti ad Alce Nero il potere dell’erba di guarigione del nord e il sacro bastone. Il pioppo sacro della nazione, che non era mai fiorito per il sopraggiungere dell’uomo bianco, è posto al centro del cerchio.[13].

La visione di Alce Nero assume poi un carattere guerresco. Egli compie, insieme con altri cavalieri, una carica a cavallo, al culmine della quale uccide un cane caratterizzato dall’avere un lato bianco e l’altro nero[14] (un evidente simbolo della dualità cosmica come il pavimento a scacchi massonico). Gli è poi data l’erba del potere dell’ovest e gli appaiono le quattro vergini dell’universo, una delle quali porta la sacra pipa; dopo di ciò tutta la natura rifiorisce. Indi Alce Nero è portato “al centro della terra e sulla cima della montagna; gli è donata l’erba della stella del mattino, il cui potere consente di condurre a compimento qualsiasi impresa”[15] Dice Alce Nero: “Mi avevano portato in tutto il mondo e mostrato tutti i poteri. Mi portarono al centro della terra per rivedere tutto. Quest’ultimo canto significa che avevo già visto tutte queste cose. Dovevo vedere il bene e il male. Dovevo vedere cosa era buono per gli esseri umani e cosa non lo era.”[16]La visione assume un carattere apocalittico quando gli è donata l’erba del soldato, dotata di un terribile potere distruttivo, e gli viene annunciato: “ci sarà lotta fra le nazioni e tu difenderai il tuo popolo con quest’erba”[17]. Ricondotto presso gli antenati, che gli conferiscono altri poteri e lo confermano nella sua missione, Alce nero comprende di essere lui stesso il “Sesto Antenato”, che rappresenta lo spirito dell’Uomo. Esce poi dal tepee di nuvola degli antenati, che vede svanire, ed il cui posto è preso da una grande montagna, identificata come Harney Peak, sulle Colline Nere, il centro sacro dei Lakota. Ritorna infine a casa, scortato dall’aquila chiazzata simbolo di Wakan Tanka e, dopo dodici giorni, “rientra” nel suo corpo di fanciullo e riprende la coscienza ordinaria, risvegliandosi nel tepee dei genitori[18].

Alce Nero rinuncia a realizzare la sua visione

La visione di Alce Nero conteneva dunque un messaggio di riscatto e di rivincita guerriera delle genti pellerossa, messaggio che , insieme al motivo dell’albero sacro, la accomunava alla quasi contemporanea “Danza degli spettri”.

L’Uomo Sacro lakota, forse scoraggiato dalle sciagure che colpirono il suo popolo e dalla disparità militare delle forze in campo, forse anche influenzato dal messaggio d’apertura universalistica veicolato dal cristianesimo, rinunciò a seguire la sua Grande Visione e a tentare di mettere in azione i poteri in essa ricevuti , che avrebbero dovuto condurlo a diventare il capo vittorioso di una rinata nazione lakota. In particolare evitò di tentare di attivare i poteri distruttivi connessi alla misteriosa “erba del soldato”. Gli rimase però un grande rimpianto, un senso di frustrazione e fallimento, che cercò di superare comunicando al mondo i contenuti della sua visione attraverso la penna di John Neihardt.

Lo stato d’animo del vecchio Lakota è ben reso dal famoso passo che chiude il libro “Alce Nero parla”, laddove Neihhardt interpretò la parabola esistenziale del vecchio “uomo sacro” facendogli dire:

“Quanto a me, l’uomo a cui fu concessa in gioventù una così grande visione, adesso mi vedete ridotto a essere un vecchio pietoso che non ha fatto un bel niente, perché il cerchio della nazione è rotto e i suoi frammenti sono sparsi. Il cerchio non ha più centro e l’albero sacro è morto.” [19]

Alce Nero in seguito alla pubblicazione del libro di Neihardt subì moltissime pressioni da parte dei missionari gesuiti, molto allarmati di un suo possibile aperto ritorno alla tradizione lakota (che in realtà sul piano più profondo egli non abbandonò mai). Il vecchio sioux si vide penosamente indotto a sottoscrivere dichiarazioni, di più che dubbia spontaneità, riguardo alla saldezza della propria fede cattolica.[20] Va però riconosciuto che il suo interesse per taluni aspetti del cristianesimo era probabilmente sincero, e forse egli non vedeva opposizione fra le tradizioni lakota e le scritture cristiane considerate nel loro senso più profondo.

Neihardt, dal canto suo, colse la portata universale di moltissimi dei simboli presenti nella visione, simboli che non appartengono unicamente alla tradizione lakota, ma si ritrovano immutabili in tutte le tradizioni autentiche.

Un tale universalismo è bene espresso dal pensiero che lo scrittore fa esprimere ad Alce Nero quando, nello svolgersi della sua visione, egli si ritrova al centro del mondo:

“Poi mi trovai sulla più alta di tutte le montagne, e tutt’intorno sotto di me c’era l’intero cerchio del mondo. E in quel luogo vidi più di quel che posso raccontare e capii più di quel che vedevo; perché vedevo in maniera sacra la forma di tutte le cose nello spirito, e la forma di tutte le forme così come debbono vivere insieme come un unico essere. E vidi che il cerchio sacro del mio popolo non era che uno dei molti cerchi che facevano un circolo ampio come la luce del giorno e come la luce delle stelle, e nel centro cresceva un robusto albero fiorente per proteggere tutti i figli di una madre e di un padre. E vidi che era un albero sacro.” – Alce nero disse che la montagna sulla quale egli si trovava nella sua visione era lo Harney Peak nei Black Hills. Ma qualunque luogo è il centro del mondo” aggiunse.- [21].

Il simbolismo del Centro e delle direzioni dello spazio

Per cercare di comprendere la visione di Alce Nero è necessario ricorrere al simbolismo geometrico e, più in particolare, al simbolismo della croce. Tale simbolismo si trova espresso e sviluppato nei rituali e nei simboli massonici dei vari gradi, soprattutto in quello di maestro, dove la croce compare raffigurata nel Quadro di Loggia.

La croce è un simbolo presente in tutte le tradizioni regolari e ortodosse, risalendo alla Tradizione Primordiale, la tradizione unica delle origini di cui tutte le tradizioni storiche secondarie non sono che la derivazione e il riflesso.

Posta verticalmente essa rappresenta “il modo” in cui viene effettuata la realizzazione dell’Uomo Universale, mediante “la perfetta comunione della totalità degli stati dell’Essere gerarchizzati in modo armonico e conforme, nel loro sviluppo integrale secondo i due sensi della “Ampiezza” e della “Esaltazione”[22].

L’esistenza universale comprende una moltitudine indefinita di gradi o mondi, cui corrispondono degli stati dell’Essere, compresi nella sintesi totale dell’Uomo Universale.

Il braccio orizzontale di una croce a due dimensioni rappresenta lo stato umano (senso dell’ampiezza). Il braccio verticale della stessa rappresenta la moltitudine indefinita degli altri stati dell’essere, superiori ed inferiori allo stato umano, sovrapposti in ordine gerarchico (senso dell’esaltazione). Gli stati dell’essere superiori a quello umano possono essere individuali o sopraindividuali ( corrispondono a questi ultimi gli stati angelici o, secondo la terminologia indù, dei Deva) mentre gli stati inferiori si possono dire infraumani (come quelli titanici, o degli Asura).

Il braccio verticale della croce incontra quello orizzontale in un punto che diviene, in un processo iniziatico avente per supporto lo stato umano, il centro dello stato umano stesso.

Se si concepisce una croce posta su un piano orizzontale che abbia lo stesso centro della precedente croce verticale, si ottiene una “ croce a tre dimensioni, croce i cui rami sono orientati secondo le sei direzioni dello spazio; queste ultime corrispondono ai sei punti cardinali [nord, sud, est, ovest, zenit e nadir] che con il centro formano il settenario”[23].

Prendendo in considerazione il solo stato umano, si può concepirlo come un piano orizzontale attraversato da due rette aventi direzione nord-sud ed est-ovest, che si incrociano in un punto situato al centro di una serie indefinita di cerchi concentrici, rappresentanti le differenti modalità dello stato umano[24].

Alla luce di queste nozioni sul simbolismo della croce, la frase del rituale inglese secondo cui, aperti i lavori, la Loggia è “debitamente aperta sul centro” acquista un significato profondissimo. L’importanza di tale riferimento, e di quello al simbolismo delle direzioni dello spazio, emerge in tutta la sua evidenza da un passo del rituale Emulation di apertura del terzo grado, in cui si menziona una marcia da Oriente ad Occidente intrapresa allo scopo di recuperare i segreti perduti dei liberi muratori, i quali sono conservati nel Centro, punto collocandosi nel quale il maestro libero muratore non può smarrirsi.[25]

Il Centro menzionato nel rituale Emulation è appunto il centro dello stato umano, raggiungendo il quale è possibile dominare tutto lo stato umano stesso ed ascendere agli stati superiori dell’Essere.[26]

La realizzazione iniziatica completa è la realizzazione “effettiva” della totalità dell’Essere. Essa consta di due fasi: una prima fase di sviluppo orizzontale delle possibilità dello stato umano nella sua integralità e d’identificazione col centro dello stesso; una seconda fase in cui l’iniziato, dal centro dello stato umano, si eleva agli stati superiori dell’Essere, i quali non costituiranno essi stessi che delle tappe, poiché l’itinerario iniziatico si concluderà solo con l’integrazione della totalità degli stati molteplici dell’Essere, meta finale che la dottrina indù chiama “Liberazione” e quella del sufismo “Identità suprema”.

La prima fase d’identificazione col centro dello stato umano coincide con la realizzazione dei Piccoli Misteri, cioè con la reintegrazione dell’iniziato nello stato edenico dell’Adamo primordiale prima della caduta: qui termina il lavoro massonico considerato in senso stretto, essendo la massoneria una organizzazione iniziatica dei Piccoli Misteri.[27]

Non termina però il lavoro di realizzazione iniziatica, in quanto al compimento dei Piccoli Misteri, cioè al conseguimento della maestria nello stato umano, deve seguire quello dei Grandi Misteri, costituiti dalla realizzazione completa, in verticale e in orizzontale, dell’Uomo Universale.

Nella tradizione massonica la transizione dai piccoli ai grandi misteri è simboleggiata dal passaggio “dalla massoneria della squadra alla massoneria dell’arco” e dal simbolismo dell’ “esaltazione”. Tali simbolismi si ritrovano nel grado inglese del Royal Arch, in cui è accennata l’apertura verso i Grandi Misteri[28].

Conclusioni

Nella visione di Alce nero i simbolismi delle direzioni dello spazio, del cerchio e del centro del mondo hanno un’importanza sovraeminente, così come del resto la hanno in tutte le tradizioni ortodosse, nella massonica prima fra tutte .

Vi compaiono anche altri importanti temi: quello della terra sacra, quello del centro spirituale inteso come centro della stessa, e infine quello di una figura di carattere soteriologico destinata a incarnare pienamente la tradizione restaurandola nella sua iniziale perfezione, anche attraverso atti “di giustizia” di carattere esteriore. Tale figura è presente, con le stesse caratteristiche, in quasi tutte le tradizioni storiche: come Cristo della seconda venuta nel cristianesimo e nell’islam (che sarà preceduto, secondo quest’ultima tradizione, dalla figura riordinatrice e rettificatrice del Mahdi), come Kalki Avatara nell’induismo, come Shaoshant nello zoroastrismo.

Tutti questi temi non appartengono, nella loro essenza simbolica, alle singole tradizioni, ma sono in esse il riflesso degli archetipi universali della Tradizione Primordiale.

In ciò risiede, in ultima analisi, l’importanza e il fascino della visione di Alce nero, che ci è stata preservata e consegnata grazie all’opera del fratello libero muratore John Neihardt, che l’ha saputa in modo così luminoso raccogliere ed interpretare.

[1] ed. Adelphi, 1968

[2] ed. Bompiani, 1986

[3] Il sesto antenato. I testi originali degli insegnamenti di Alce Nero, a cura di Raymond De Mallie, pag 106, ed. Xenia, 1996

[4] vedi William K. Powers, Oglala religion, pag. 86-88, The university of Nebraska press, 1975,1977, Bison Books Printing 1982

[5] Non si può tacere il fatto che moltissimi degli ufficiali e dei soldati dell’esercito degli Stati Uniti d’America a quel tempo erano massoni, così come molti dei dirigenti politici di quel paese. Una spiegazione profonda della tragedia del genocidio dei pellerossa, col susseguirsi di nefandezze ed orrori che la caratterizzò, consiste nel leggervi uno degli ultimi episodi del conflitto millenario fra i popoli nomadi e quelli sedentari, con le loro rispettive tradizioni, conflitto che vede inevitabilmente i popoli nomadi soccombere (vedi l’articolo di René Guénon “Caino e Abele” in “il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi”, pag. 141-147, ed. Adelphi, 1982). Questa realtà della storia tradizionale, per quanto possa apparire ingiusta e inaccettabile sul piano meramente umano, rientra nel misterioso piano del Grande Architetto dell’Universo, in cui gli squilibri parziali sono parti di un superiore equilibrio totale.

[6] Il sesto antenato. I testi originali degli insegnamenti di Alce Nero, a cura di Raymond De Mallie, pag. 43-44

[7] L’arcobaleno, nel simbolismo tradizionale, “è il ponte che collega il mondo sensibile con quello sovrasensibile” (René Guénon, Il re del mondo, pag. 19, ed. Adelphi, 1977)

[8] Il sesto antenato, pag. 61

[9] Il sesto antenato, pag. 146

[10] ibidem pag. 148

[11] vedi René Guénon, Il Re del Mondo, pag. 30-31

[12] Il sesto antenato, pag. 157

[13] ibidem pag. 160

[14] ibidem pag. 162

[15] ibidem pag. 164

[16] ibidem pag. 165

[17] ibidem, pag. 166

[18] ibidem pag. 168-173

[19] Alce nero parla, pag. 275, ed. Adelphi, 1988

[20] Il sesto antenato, pag. 76-80

[21] Alce nero parla, pag. 47-48

[22] René Guénon, Il Simbolismo della Croce, pag. 29, ed. Luni, 1998

[23] ibidem, pag. 36

[24] ibidem pag. 107

[25] Emulation Ritual – Grado di Maestro Libero Muratore, pag. 12-13, G.O.I. ed. Erasmo 2004

[26] Non a caso, nel rito di fondazione della città romana antica, dopo aver individuato un punto atto a rappresentare il centro della città si descriveva un cerchio, poi si determinavano i due punti corrispondenti all’Est e all’Ovest individuando così il Decumano, indi, attraverso la nota costruzione con compasso, si individuavano il Nord e il Sud, ottenendo il Cardo.

[27] vedi l’articolo di René Guénon “Riunire ciò che è sparso” né Simboli della Scienza Sacra, pag. 259-262, ed. Adelphi, 1978

[28] vedi l’articolo di René Guénon “La pietra angolare” in Simboli della Scienza Sacra, pag. 238-250, ed Adelphi

 

book gratuito di Giovanna Garbuio..Vita,istruzioni per l’uso (Ho-oponoponopo)   Leave a comment


Vita,istruzioni per l’uso

cerchiamo di ridere ..che ridere fà bene alla mente ed al corpo..

 

Amore Tantrico.. (la sessualità sacralizzata)   Leave a comment


Il primo orgasmo tantrico della mia vita

Due amanti l’uno vicino all’altro, ovvero due nulla che si incontrano,: solo così è possibile l’incontro, perché le barriere sono infrante, i confini rimossi: l’energia può scorrere dall’uno all’altro senza ostacoli. Solo in un tal momento di amore profondo avviene un orgasmo. Quando due che si amano fanno l’amore, ed entrambi sono assenza di ego, entrambi sono nulla, avviene l’orgasmo. La loro energia fisica e il loro intero essere si liberano da ogni identificazione. Non sono più se stessi: sono precipitati nell’abisso. Ma succede solo per un momento. Subito riprendono coscienza di sé, e subito ricominciano ad aggrapparsi al proprio ego. Per via di questa perdita di identità, si ha paura anche dell’amore. Si ha paura di impazzire, o di morire, paura dell’ignoto. L’abisso spalanca la bocca, l’esistenza sbadiglia; improvvisamente, ti trovi sull’orlo dell’abisso e puoi caderci dentro. La gente si spaventa dell’amore: si accontenta del sesso; e il sesso lo chiama amore.
L’Amore non è sesso.
Il sesso può far parte dell’amore, può esserne parte integrante; ma in sé il sesso non è amore: ne è solo un surrogato. Per mezzo del sesso cerchi di evitare l’amore: può farti sentire come se amassi, senza amare veramente.
In un vero rapporto d’amore non ci sei né tu né la persona che ami: ogni dualità viene a cadere. Lo stesso accade in MAHAMUDRA: Mahamudra è un orgasmo totale con l’intera esistenza. Perciò nel Tantra l’amplesso profondo, l’amplesso orgasmico di due amanti, si chiama anch’esso Mahamudra; e perciò coppie di amanti in orgasmo profondo sono riprodotte sulle pareti dei templi tantrici e sulle pagine dei libri tantrici. Sono simbolo dell’orgasmo finale.
“Mahamudra non poggia su nulla.
Senza compiere alcuno sforzo,
restando sciolti e naturali,”

L’essenza del metodo del Tantra: senza compiere alcuno sforzo…
Ogni sforzo compiuto rafforza l’ego. Se compi uno sforzo entri in gioco “tu”. Amare non è uno sforzo, non ti puoi sforzare di amare. Se ti sforzi, non ami. Amando ti lasci scorrere, senza sforzo.
L’amore è qualcosa che accade, non è qualcosa che si fa. E lo stesso succede nell’esperienza ultima, nella fusione totale: senza sforzo, ti lasci semplicemente trasportare dall’esperienza. Restando sciolti e naturali.
Questa è la Via.
Questo è il fondamento stesso del Tantra.

         

Testo tratto da “Tantra la comprensione Suprema”

http://d.repubblica.it/amore-sesso/2014/10/13/news/orgasmo_tantrico_psicologia-2321587/

La prima volta che ho avuto un orgasmo avevo 18 anni. Non so come sia successo: non me lo aspettavo e non avevo i mezzi per capire come ci fossi arrivata. Poi, però, più niente. Di sensazioni piacevoli durante il sesso ne avevo sempre, ma non era la stessa cosa, non sentivo quella scossa, quel fuoco. Ci sono riuscita, di nuovo, quindici anni dopo. Grazie al tantra e grazie al fatto che finalmente ero riuscita ad affrontare, e risolvere, i miei tabù.
Di blocchi mentali ne avevo sempre avuti parecchi. Colpa della mia educazione, di tutti quegli anni (tanti, tra scuola dell’infanzia, elementari e medie) passati in istituti guidati dalle suore. Avevo difficoltà a lasciarmi andare, tante sere quando il mio compagno mi cercava io mi nascondevo dietro le solite scuse. Mal di testa, stanchezza. Così finivamo per addormentarci ognuno dal suo lato del letto. Non era colpa sua: nemmeno con i compagni precedenti ero riuscita a rivivere quella sensazione che mi aveva sorpresa quando ero poco più di un’adolescente. Il tantra, dalla respirazione agli esercizi fisici, ha cambiato il mio approccio verso il sesso e così sono riuscita a risolvere il mio problema. Mi concentro sul mio respiro, mi lascio andare e mi faccio trascinare dall’energia e dall’eccitazione. Le sensazioni che provo diventano più forti e arrivano in ogni estremo del mio corpo, l’orgasmo viene da sé senza che io ci pensi o che io mi sforzi di cercarlo. Oggi ho 37 anni, e già da qualche anno, da quando sono riuscita ad avere il mio secondo orgasmo, il piacere fisico non è più un obiettivo: ora quando sono a letto penso solo ad ascoltare il mio corpo e a seguire le sue indicazioni. Prima, invece, restava tutto nella testa.

La svolta è arrivata tre anni fa grazie a un dvd. Una sera Stefano, il mio compagno, è tornato a casa con una confezione sigillata e mi ha chiesto se dopo cena mi andava di guardarlo con lui. Pensavo a un film, invece era un documentario sul tantra, la disciplina indiana che traccia una via spirituale e fisica per l’unione fra l’uomo e la donna. Il video era tutto centrato sul sesso tantrico. Non sono rimasta sorpresa: che nella sfera sessuale tra noi mancasse qualcosa non era un mistero, ne avevamo parlato spesso.
Ci eravamo messi insieme tre anni prima, quando io avevo appena superato i 30. Convivevamo da un po’ e avevamo anche già avuto una figlia, che all’epoca aveva appena compiuto un anno. Problemi veri e propri, in effetti, non pensavamo di averne. Però eravamo entrambi scontenti: c’era qualcosa che non funzionava e non riuscivamo a trovare il modo di ritrovarci e di affrontarla insieme. L’intimità fra noi era uno degli aspetti di questa crisi. Seduta sul divano, davanti alle prime immagini del dvd (spiegazioni su come respirare e posizioni da sperimentare) ero nervosa e un po’ in ansia. Ma mi sono detta: «Devi farti forza. Continua e vedi cosa succede».

Ho provato la stessa cosa quando mi sono trovata nell’atrio dell’hotel per il “weekend di assaggio”. Perché dopo aver visto il dvd sia io che il mio compagno ci siamo incuriositi e abbiamo deciso di passare dalla teoria alla pratica, iscrivendoci a un seminario di due giorni gestito dall’istituto di tantra e counseling Maithuna. Certo, un’idea di cosa ci aspettava me l’ero fatta proprio guardando il dvd: respirazione, esercizi fisici. Per il resto, era davvero un’incognita che mi spaventava e m’innervosiva. Stefano era più agitato di me, ma ormai eravamo lì, e abbiamo scelto di andare avanti.
Dal punto di vista fisico gli esercizi che ci venivano proposti non erano difficili: abbiamo imparato a respirare con il diaframma e poi a collegare il respiro con i movimenti del bacino. La vera difficoltà riguardava la mente. Non riuscivo a lasciarmi andare e dovendo comunicare con il corpo (e con le aree genitali, poi!) non potevo proprio raccontarmi bugie: se una cosa non mi andava di farla, me ne accorgevo subito. Niente più scuse come stanchezza o mal di testa, i tabù me li sentivo addosso e non potevo far finta che non esistessero.

Quella prima sera il passaggio più difficile da gestire sono stati gli esercizi in coppia, ma con partner diversi. Io ho fatto un esercizio con un altro uomo e Stefano con un’altra donna: dovevamo sederci l’una sopra l’altro e spingere i bacini uno contro l’altro, simulando i movimenti di un rapporto sessuale. Io ero arrabbiata e gelosa mentre lo vedevo insieme a un’altra, e anche lui era deluso dal fatto che io fossi apparentemente a mio agio con un altro uomo.
In quel primo weekend non è successo niente di speciale, neanche a letto. Ma sono affiorate problematiche che adesso mi sentivo capace di affrontare. Compreso il nodo dell’orgasmo: sapevo che potevo averlo, in fondo era già successo, tanti anni prima. Solo che non sapevo come fare per arrivarci nuovo, e durante il sesso continuavo a pensarci e a ripensare a come riavvicinarmi a quella sensazione. Ma è stato proprio quando ho smesso di avere quel pensiero fisso che ci sono riuscita di nuovo. Ora sento solo l’energia che sale e che arriva in ogni punto del mio corpo, e più l’eccitazione aumenta più so che, dopo, l’orgasmo sarà forte e intenso. A volte invece ricado nei vecchi schemi mentali e non riesco a lasciarmi andare. Allora è il mio compagno, che è sempre stato più libero di me da questo punto di vista, a spingermi ad andare avanti. La differenza rispetto a prima è che adesso so come posso arrivare al massimo del piacere, ed è questa sicurezza che ha cambiato del tutto il mio approccio al sesso.
Anche con Stefano, ormai, è tutto diverso: di sera niente più mal di testa, ci cerchiamo a vicenda. Sperimentiamo, cerchiamo di sentire il corpo in vari modi. E pensare che, dopo quel primo weekend e i primi corsi, per un periodo ci eravamo lasciati, scegliendo però di continuare a frequentare i seminari insieme. Man mano che affrontavo i miei tabù mi riavvicinavo a lui, fino al momento in cui abbiamo deciso di ritornare insieme. A letto e nella vita. Adesso aspettiamo il secondo figlio, che nascerà fra pochi mesi.

LASCIARSI ANDARE
Parla Fabrizio Quattrini, psicoterapeuta e sessuologo, presidente dell’Istituto Italiano di Sessuologia di Roma.
– Il primo consiglio è capire le proprie potenzialità: tante donne non ascoltano le sensazioni che il corpo rimanda. E prima ancora dovrebbero imparare a conoscere l’area genitale e pelvica, sulla quale ci sono ancora tanti falsi miti. Il punto G, per esempio: tanti pensano che sia una sorta di “pulsante” da schiacciare per avere l’orgasmo, invece è semplicemente un’area che risveglia il piacere.
– Non è facile mettere da parte le ansie del quotidiano. Ma è una delle condizioni necessarie per vivere il piacere in modo più completo.
– Respirare col diaframma: si ritrova in tante pratiche che cercano l’armonia tra corpo e mente. Focalizzarsi sul proprio respiro, poi, aiuta anche a calarsi nel presente e a lasciarsi andare con più facilità.
– Utilizzare il perineo: capire dov’è l’area perineale e riconoscere le sensazioni che rimanda aiuta le donne a integrare la conoscenza di se stesse.

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