È sovente paragonato con quello simile ma più corto del Vangelo secondo Luca: 6,17-49, detto discorso della Pianura. Alcuni commentatori pensano che si tratti dello stesso discorso, altri credono che Gesù predicasse cose simili in varie circostanze e altri ancora pensano che Matteo e Luca vi abbiano raccolto vari insegnamenti separati di Gesù.
Il discorso della montagna è una esplicitazione e un approfondimento dei dieci comandamenti che vengono completati da Gesù Cristo e arricchiti da un significato universale. Per molti pensatori, come Lev Tolstoj[1], Martin Luther King[2][3] e Mahatma Gandhi[4], questo discorso contiene i principali valori della fede cristiana
In quel tempo, 1 Gesù, vedendo le folle, salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2 Pendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: 3 Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 4 Beati gli afflitti, perché saranno consolati. 5 Beati i miti perché erediteranno la terra. 6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati. 7 Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 8 Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 9 Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 10 Beati i perseguitati e causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Il discorso della montagna è introdotto da una breve frase che indica l’occasione in cui è stato pronunziato: «Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo…» (vv. 1-2). Sulla montagna sono presenti le folle, ma Gesù direttamente si rivolge ai suoi discepoli. Anche il terzo evangelista introduce in modo analogo il suo «discorso del piano» (cfr. Lc 6,17a.20a). È dunque chiaro che già nella tradizione Q il discorso inaugurale di Gesù è rivolto primariamente ai discepoli, e con essi alla comunità cristiana, anche se indirettamente esso riguarda tutti. Il nome della montagna in cui Matteo ambienta il discorso non è menzionato, ma, designandola con l’articolo determinativo, egli lascia supporre che si tratti di un luogo ben preciso, da un punto di vista però non geografico, ma teologico: si tratta del nuovo Sinai, sul quale Gesù, come un tempo Mosè, rivela la legge di Dio ai suoi discepoli.
All’inizio del discorso Matteo riporta l’elenco di nove categorie di persone le quali vengono dichiarate «beate». Questo genere letterario è attestato non solo nella letteratura biblica e giudaica, ma anche in diversi altri passi dei vangeli (cfr. Mt 11,6; 13,16; 16,17; 24,46; Lc 1,45; 11,28 ecc.). È dunque probabile che il suo uso risalga a Gesù, il quale certamente se ne è servito per designare i destinatari del lieto annunzio; la tradizione, e poi gli evangelisti, hanno trasmesso le parole di Gesù, adattandole alle esigenze delle prime comunità cristiane.
I primi destinatari della salvezza
Le beatitudini non sono state certamente pronunziate da Gesù nella forma in cui sono riportate da Matteo. Luca infatti nel discorso del piano ne riporta solo quattro (cfr. Lc 6,20b-23; cfr. Mt 5,3.4.6.11-12), le quali, pur con notevoli differenze, sono interamente contenute in quelle matteane: esse sono tutte, come l’ultima di Matteo, in seconda persona plurale («voi»); inoltre nella seconda e terza beatitudine, Luca inserisce l’avverbio «ora»; i poveri non vengono da lui qualificati come «in spirito», gli «afflitti» che «saranno consolati» diventano coloro che «piangono, ma un giorno rideranno»; infine «coloro che hanno fame e sete di giustizia» sono semplicemente coloro che «hanno fame».
Queste somiglianze e differenze fanno supporre che i due evangelisti conoscessero una lista originaria di tre beatitudini in terza persona plurale (così erano formulate le beatitudini giudaiche), a cui la comunità aveva aggiunto una quarta formula in seconda persona plurale riguardante i perseguitati.
Le tre beatitudini più antiche, che riflettono da vicino la predicazione di Gesù, dovevano suonare più o meno così:
1. Beati i poveri, perché di essi è il regno di Dio (dei cieli).
2. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. 3. Beati coloro che hanno fame, perché saranno saziati.
Se si esaminano queste tre beatitudini alla luce dei paralleli biblici e giudaici, appare chiaramente che esse si riferiscono tutte ad un’unica categoria di persone, costituita da coloro che, proprio a causa della loro povertà, sono afflitte e soffrono la fame. In realtà dai racconti evangelici risulta che Gesù era circondato da malati, indemoniati, emarginati sociali e religiosi, in una parola da persone provate nel corpo e nello spirito; esse non appaiono di solito come particolarmente pie o giuste, almeno secondo i canoni farisaici, anzi molte appartengono al gruppo dei «peccatori». Gesù è venuto dunque a contatto con i rappresentanti di una povertà ben più ampia e frastagliata di quella che ha trovato voce nei testi biblici e giudaici. A questi poveri che lo circondano Gesù annunzia la felicità più piena, che consiste nella fine della loro situazione miserevole.
Questo messaggio ha profonde radici nell’AT e nel giudaismo. Dio interviene in Egitto per liberare un popolo miserabile e oppresso (cfr. Es 3,7-8) ed esige la solidarietà verso i bisognosi (Dt 15,7-8). Al tempo stesso condanna lo sfruttamento dei poveri e la ricchezza frutto di ingiustizia (Am 4,1; 5,11-12; Os 12,9; Mi 6,10-12) e identifica il povero con il giusto (Am 2,6). Il profeta Sofonia annunzia che, dopo la catastrofe dell’esilio, Dio si sceglierà un popolo povero che confiderà nel nome del Signore (Sof 2,3; 3,11-13; cfr. Is 49,13; 57,15). Perciò il profeta escatologico porta il lieto annunzio ai «miseri» (Is 61,1) e diversi Salmi esaltano la povertà, che consiste nella fiducia in Dio e nella rinunzia a qualsiasi tipo di violenza (Sal 37,7-11; 69,33-34; Salmi di Salomone 5,1-3.7.10-11.13). Questo atteggiamento interiore viene chiamato a Qumran «povertà di spirito» (1QM XIV,6-7; cfr. 1QH 2,32.34-35). In greco il termine ‘anî, «povero», viene tradotto con ptôchos, che indica la povertà in senso economico, ma anche con praüs, che significa «mite», nel senso di «non violento».
La beatitudine dei poveri si comprende alla luce della predicazione di Gesù, il quale ha annunziato l’imminente venuta del regno di Dio: siccome Dio sta per instaurare la sua regalità su tutto il mondo, i poveri e gli oppressi otterranno finalmente giustizia, anzi saranno proprio loro i primi a entrare in possesso della salvezza (cfr. Mt 11,5; Lc 4,18). Gesù non si rivolge quindi a coloro che si ispirano all’ideale della povertà in senso spirituale, ma ai poveri effettivi, in senso sociale ed economico. A costoro il regno viene offerto non come ricompensa per i loro meriti, ma per pura grazia. È vero che essi devono aprirsi a questo dono (cfr. 1,14: «convertitevi!»), ma ciò che Gesù annunzia in primo piano non è la necessità della conversione, bensì la misericordia di Dio che la provoca.
La beatitudine dei discepoli (vv. 3-12)
Le beatitudini, indirizzate per la prima volta ai poveri della Palestina, sono state rilette ben presto dalla comunità cristiana in funzione della situazione in cui essa è venuta a trovarsi dopo la risurrezione di Gesù. Segno di questa antichissima rilettura è l’aggiunta di una beatitudine riservata ai perseguitati «per causa di Gesù» (cfr. v. 11). Su questa linea si pone anche Matteo, il quale utilizza le quattro beatitudini ricevute dalla tradizione, aggiungendo ad esse altre cinque formule analoghe. Egli ottiene così una lista di otto beatitudini, che inizia e termina con un riferimento al «regno dei cieli» (vv. 3.10). Il brano si può facilmente dividere in due parti di quattro membri ciascuno (vv. 3-6; 7-10), come appare dalla ripetizione del termine «giustizia» nei vv. 6 e 10. Al termine Matteo riporta la quarta formula ricevuta dalla tradizione, tenendola però distinta dalle precedenti.
Prima beatitudine: «Beati i poveri in spirito (ptôchoi pneumati), perché di essi è il regno dei cieli» (v. 3). L’espressione «in spirito» è stata probabilmente aggiunta dall’evangelista, il quale, sulla linea della riflessione giudaica (Qumran), ha voluto sottolineare che la povertà deve essere espressione di un’umile e fiduciosa sottomissione a Dio: per entrare nella beatitudine finale del regno dei cieli non conta anzitutto la privazione dei beni materiali, bensì l’abbandono a Dio e l’impegno quotidiano per compiere la sua volontà (cfr. At 2,42-48).
Seconda beatitudine: «Beati gli afflitti, perché saranno consolati» (v. 4): ai cristiani che per essere fedeli a Dio vanno incontro a sofferenze e persecuzioni (cfr. Is 61,2), l’evangelista annunzia, come aveva fatto il Deuteroisaia con il popolo in esilio (cfr. Is 40,1), la consolazione promessa da Gesù. Questa però non consiste più nel possesso di una terra, ma del regno di Dio da lui inaugurato.
Terza beatitudine: «Beati i miti, perché erediteranno la terra» (v. 5). In diversi manoscritti questa beatitudine occupa il secondo posto dell’elenco. Essa riguarda i «miti» (praeîs): questo termine, con cui i LXX traducono l’ebraico ‘anî (povero) quando assume un significato più spiccatamente spirituale, indica il comportamento di chi si abbandona totalmente alla volontà di Dio, rinunziando a qualsiasi forma di violenza. Sullo sfondo si può vedere la figura del Servo di JHWH (cfr. Is 42,2-3; 50,5-6), il giusto dei Salmi (cfr. Sal 36,7-11), il Messia umile (Zc 9,9) e lo stesso Gesù (cfr. Mt 11,28-29). A coloro che si pongono su questa strada (cfr. 5,39-41) Matteo promette, in nome di Gesù, il possesso della terra: questa espressione, ispirata al Sal 36, non indica più la terra di Israele, ma i beni messianici in tutta la loro pienezza. Questa beatitudine è molto simile alla prima, e potrebbe essere un’aggiunta secondaria fatta da Matteo stesso o dalla tradizione successiva a un elenco già definito di sette beatitudini.
Quarta beatitudine: «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati» (v. 6). Viene qui esaltata la felicità di quelli che hanno fame e sete non tanto, come in Luca, di cibo materiale, quanto piuttosto di giustizia: anche qui Matteo, senza eliminare l’aspetto materiale della fame, ha letto nella formula trasmessa dalla tradizione soprattutto la ricerca della giustizia, che consiste nella fedeltà a Dio e ai suoi comandamenti. Si chiude così il primo gruppo di beatitudini, che ricalca da vicino, malgrado i ritocchi, le formule pronunziate dallo stesso Gesù.
Le quattro beatitudinisuccessive (vv. 7-10) contengono nuove variazioni sul tema delineato nella prima parte. In esse sono proclamati felici i misericordiosi, cioè coloro che, come Dio stesso (cfr. Es 34,6), sono capaci di perdonare, i puri di cuore, che aderiscono a Dio in un modo pieno e senza ripensamenti (cfr. Sal 24,2-4), gli operatori di pace e i perseguitati a causa della giustizia, i quali lottano e soffrono per un mondo nuovo, in cui regna la pace e la giustizia (cfr.Is 11,1-9; Sal 72,2-3.7). L’evangelista propone dunque ai suoi lettori una serie di comportamenti che si ispirano al tema biblico dell’imitazione di Dio. A coloro che li adottano viene promesso rispettivamente che otterranno essi stessi misericordia, vedranno Dio, saranno chiamati suoi figli, e possederanno il regno dei cieli. In altre parole essi sperimenteranno un giorno la piena comunione con Dio, ottenendo con essa tutti i beni propri del regno.
Nella nona beatitudine si dice: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi» (vv. 11-12). Essa è già anticipata nell’ottava e si distacca dalle precedenti per la sua lunghezza e per l’uso della seconda persona («voi»): anch’essa è giunta a Matteo dalla tradizione (cfr. Lc 6,22-23), ma risale non a Gesù, bensì alla comunità, la quale l’ha coniata a partire dalla beatitudine da lui riservata agli afflitti. Diversamente dalle altre essa è rivolta direttamente ai cristiani che soffrono persecuzione a causa della loro fede in Gesù: ad essi è riservata nei cieli una grande ricompensa, che si identifica con la piena comunione con Dio (cfr. 1Pt 4,13-16).
Linee interpretative
Le beatitudini riportate da Matteo rappresentano un notevole sviluppo rispetto a quelle pronunziate da Gesù. Questi infatti proclamava la felicità dei primi destinatari del regno di Dio, identificati con le categorie più povere ed emarginate della società; così facendo egli annunziava che il regno di Dio avrebbe rappresentato un ribaltamento della situazione, portando loro un benessere immensamente superiore a quello di cui erano stati privati.
Matteo invece identifica otto (o forse originariamente sette) atteggiamenti spirituali, proponendoli ai suoi lettori cristiani come la via maestra per raggiungere la piena felicità che Gesù ha promesso a coloro che sono già entrati, mediante la fede, nella fase iniziale del regno di Dio. Così facendo Matteo ha esplicitato, alla luce della riflessione biblico-giudaica sulla povertà, le parole di Gesù adattandole alle esigenze di una comunità la quale vive ormai nell’attesa del compimento finale. Soprattutto ha messo in luce da una parte l’esigenza di lottare per la giustizia e per la pace, e dall’altra quella di adottare sempre un metodo non violento: ciò implica la disponibilità a perdere la sicurezza che viene dal possesso delle cose materiali e a pagare di persona.
Anche Luca però, pur mantenendosi più aderente alla formulazione originaria, ha adattato le beatitudini alla situazione dei suoi lettori. Sullo sfondo si percepisce una comunità cristiana in cui si fa sentire una dolorosa frattura tra ricchi e poveri. Questi ultimi si trovano proprio ora in una situazione di privazione materiale e sono facilmente discriminati ed emarginati. Ad essi l’evangelista ricorda che un giorno otterranno il regno con tutti i suoi beni. A coloro che sono ricchi e privilegiati egli invece, riprendendo nel brano da lui aggiunto alle beatitudini il linguaggio dei profeti (cfr. per es. i «guai» di Is 5,8-24; 1En 94,8; 96,4-6), annunzia che un giorno li colpirà la rovina. Come nella parabola del «ricco epulone» (Lc 16,19-31), egli prospetta un’altra vita nella quale la situazione attuale sarà completamente capovolta.
sono un teologo..eretico..potrei definirmi..gnostico.
Ho sempre creduto..che Gesù..la Parola..incarnata..del Creatore..dell’Universo..
è nello stesso tempo..colui..per..mezzo del quale..ogni cosa..è stata creta.. ( prologo del vangelo di Giovanni ) .
il Messianesimo..è..già presente.. la Fisica Quantistica..ha scientificamente dimostrato..che tutto l’Universo..è..materia..a diversi stadi..di concentrazione..secondo..l’equazione..di Einstein.. (E = mc2 è l’equazione che stabilisce l’equivalenza e il fattore di conversione tra l’energia e la massa di un sistema fisico. )
Si conoscono..ormai..scientificamente..attualmente..circa 8 diverse..materie.
“E indica.. l’energia contenuta.. o emessa.. da un corpo, “m” la sua massa e “c” la costante velocità della luce nel vuoto.
Venne enunciata da Albert Einstein nel 1905 nell’ambito della relatività ristretta, benché non compaia nel primo articolo sulla teoria del giugno, ma in un secondo del settembre intitolato “L’inerzia di un corpo dipende dal suo contenuto di energia?”[1].
È probabilmente la più famosa formula della fisica, grazie all’intreccio di novità, semplicità ed eleganza.
Si conoscono..scientificamente..circa 8 diverse,,concentrazioni..di materia..che spazia..da quella..elettromagnetica..l’unica visibile..dall’occhio umano..alla materia oscura..che è..approssimativamente..il 94% della materia esistente, .poi..esiste..un tipo di materia..chiamata..dagli scienziati..Forza debole;
questa materia..vibrazionale..è generata..dalle emozioni..che l’uomo..prova..con la sua intelligenza.
E’ l’unico..tipo..di materia..che ha la capacità..di attraversare..tutte le altre materie.
Questa forza..sarà..la responsabile..del cambiamento dell’ Umanità.
Cambierà..la coscienza..”circuita” dell’uomo..reso incapace..di sentire..la sua Coscienza..originaria.
Come insegnò..Gesù..il Regno di Dio..è..”dentro di noi..e fuori di
noi.” ” alza un sasso..e lì..mi troverai ” ” beato chi non cessa mai..di cercare..perchè..alla fine..troverà..il regno” ( vangelo..di Tommaso apostolo..fratello di Gesù..altrimenti detto.. ” detti segreti..di Gesù.
Questo è..quello che alla fine..ho trovato..
Questa..è la vera.. liberazione..dell’anima ..umana.
Andrea Sinicatti..blogger.. ( https://andreasinicatti.wordpress.com
donne ultraviolette
Siamo donne ultraviolette: frequenze al di là del visibile e della televisione. Ultraviolette del pensiero, vorremmo ri/fondare i rapporti fra i SESSI, e verso il MONDO, sulla base del RISPETTO.
METEMPSICOSI RELOATED
Qui non troverete ‘verità’ solo ‘informazioni’ tradotte, quelle le cui conclusioni sarete VOI a dover confrontare ed approfondire…
superficaoca channel
Ho un Q.I. così ALTO (anche senza tacchi) che mi vergogno. Motti del Superficaoca Channel:1. PRESTO!! che è TARDI !!!!
Amnesty International
Amnesty International è un’Organizzazione non governativa indipendente, una comunità globale di difensori dei diritti umani che si riconosce nei principi della solidarietà internazionale. L’associazione è stata fondata nel 1961 dall’avvocato inglese P
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